Le anime belle di Marco Balzano

7 Gen

Pronti a tutte le partenze | di Marco Balzano | Sellerio 2013

Cover_Balzano

di piero grignani 

Un altro quadretto del giovane insegnante, precario e meridionale, che però almeno scivola via liscio liscio tra i luoghi comuni del genere, senza essere nemmeno troppo petulante, tanto è mite la temperatura ideologica e domestica l’hybris. E anche, a momenti, consola e fa bene all’anima, come certi bozzetti veristi, dove la disperazione si è a tal punto allungata con l’umana misericordia, che della miseria, quasi, ce ne scordiamo le ragioni. Comunque, ecco, sempre pronti a tutte le partenze: questa è la buona novella, nonostante suoni un poco boyscout a scriverlo lì, in calce, sulla copertina. Però almeno preserva da generici massacri, è evidente, in quanto bisogna essere davvero cinici e senza cuore per sparare contro una dichiarazione di buona volontà e impegno generazionale tanto candida e garbata. Dunque né choosyblack-bloc, ma una terza via gentile e di buonsenso per resistere ai marosi del precariato permanente.

E la cosa finirebbe qui; sennonché in rete, tra scopiazzi e riciclaggi di quanto riportato sulle alette del libro – e di cui inutile è dire – torna sempre fuori questa storia del realismo o del neorealismo (la Petrignani nel suo blog, ma anche Marco Belpoliti su il mio libro), ma non iperrealismo, attenzione, come chiosa Roberto Bertoni su Carte allineate. Ecco, prendiamo la recensione della Petrignani, già uscita su l’Unità del 14/4/13 e poi ne il blog di Sandra Petrignani, che, senza fare classifiche, è l’unica recensione degna di tale nome che si possa trovare sul web.

Ora il punto è che al sottoscritto è proprio la questione del realismo a non andare troppo giù, a sembrare sempre troppo abbondante e accomodante. Almeno bisognerebbe intendersi un po’ sui termini, perché altrimenti c’è il rischio di strologare a vanvera intorno a un’etichetta che, oltretutto, non è più patente di alcun organicismo ad alcun partito e poi anche il New Italian Realism sembra già così lontano. Diciamo, per farla breve, che sono d’accordo con il Siti del libretto nottetempo, Il realismo è l’impossibile, ricordato anche dalla Petrignani: ovvero che tutto il realismo prodotto dalla cultura occidentale in fondo non sia che un simulacro, una costruzione tipica della realtà e che il vero realismo è quello che turba, incrina il quadro tipico predisposto dall’autore. Bene, è palese però che con Pronti a tutte le partenze siamo ancora in pieno cantiere tipologico, nell’artificio del verosimile: il tipo del giovane prof. precario, il tipo della ragazza che ti lascia prima di andarci a convivere, i tipi degli immigrati (cinese, nordafricano), il tipo del bresciano o bergamasco, burbero e leghista ma di buon cuore, il tipo della ragazzina ribelle, il tipo dell’anziano accademico illuminato e non perfido barone, il tipo della bella libraia portoghese, eccetera, tutto tenuto insieme da tassi glicemici altissimi. Ma di questi, in definitiva, chi se ne importa, sopravvivremo. Però i conti non tornano: la storia di Giusè non è realismo, è una storiella morale, un apologo senza animali parlanti e poi lo dice anche la Petrignani: “la favola triste, bizzarra e sorprendente di Giusè, diventato un Lazzarillo che non delinque ma simpatizza coi delinquenti, un antieroe colto che non frequenta intellettuali, un picaro che vorrebbe tanto radicarsi” e basta un niente che alla storia del giovane Giusè arrivino pure i crismi di una “vita alta, anzi altissima – in altri tempi si sarebbe detto Weltanschauung – e vertiginosamente attraente, tanto più toccante se paragonata allo svilimento odierno di ogni ideale, di ogni visione grande dell’umano, di ogni superiore proposito di stare al mondo”. E questa è ancora la Petrignani.

Così – e ci sarà della coerenza senza dubbio – lo stile è proprio elementare, fin dimesso e anche quel gusto un po’ retorico per la locuzione definitiva, assoluta, che marcava i momenti topici de Il figlio del figlio – primo romanzo del Balzano – è stato rintuzzato a dovere o si è perso per strada. E di deformazione dialettale o gergo o mélanges o pasticceria linguistica nemmeno a parlarne, ché tutto è diligentemente scolastico, medio, come si conviene a un raccontino morale. E allora a me sembra che davvero niente salvi Giusè dal suo destino di mascherina ideale e un po’ stucchevole. Tuttavia il nostro protagonista raccoglie il plauso della Petrignani che forse, più che amare il Balzano scrivano, desidererebbe un figlio come Giusè, che non guarda le femmine in termini “pornomasturbatori” e crede nella scuola pubblica, in Dante e nel multiculturalismo: inganni del realismo, verrebbe da dire. Eppure Balzano è capace di ben altro, perché il viaggio a Barletta dei tre maschi Russo per vendere la casa di famiglia – ancora ne Il figlio del figlio – aveva qualcosa di epico nel suo incedere per tipi assoluti: il nonno, il padre, il figlio. Insomma, o questo realismo tipologico, che tanto rassicura la Petrignani – ma poi perché non parliamo di idealismo e basta, che da noi anche il realismo e il neorealismo partono da Croce? – comunque, si diceva, o questo realismo tipologico è impiegato a diluire materie davvero troppo vischiose e personalissime per essere trattate alla leggera, e allora funziona, o altrimenti si finisce con questi brodini edificanti e sciapetti e hai voglia a parlare di Weltanschauung.

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