Asia Argento, nostra madonna generazionale

8 Giu

Incompresa | di Asia Argento | con Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko | Italia 2014

Cover_Incompresa 2014

di piero grignani

Non me ne vogliano i lettori e gli amici del Punteggio (e comunque devo ringraziare la redazione) per questa intromissione in ambiti che non sono i miei e in cui mi muovo con evidente impaccio e qualche pudore ché non si possono vantare crediti di cultura specifica e nemmeno propensione al cahierismo – e anche mi stuccano e mi annoiano oltremisura les cinéphiles purissimi e superciliosi – tuttavia, come dire, ho un debole per Asia Argento. Ecco, l’ho detto, con buona pace per la credibilità e l’abnegazione critica che da queste parti si è cercato di costruire. Ora, la cosa potrebbe anche non interessare nessuno, che non sono certo il primo né l’ultimo a subire il fascino di questa femmina romana arrochita e tutta bistrata, ma da qui a restituirla quale icona patria dei nati a metà degli anni Settanta, come di seguito proposto, ce ne passa e forse, a rileggere tutto, suona invero po’ eccessivo.

Eppure bisognerà iniziare a riconoscere questa sua dimensione di madonna generazionale, senza snobismi da demi-monde paraculturale o frustrazioni post-dottorali. Sfido chiunque a trovare una bandiera altrettanto luminosa. Lo dico davvero, provate a passare in rassegna le giovani leve del cinema nazionale: tra i nati negli Ottanta qualcuno si trova, prima, ad aprire gli anni Settanta, c’è addirittura un Sorrentino, ma nel 1975 o ’76 o ’77 chi c’è? Nessuno, solo Asia. Diciamo che Asia continua dove aveva lasciato la Chiara Caselli (all’epoca altra personalissima icona) di My Own Private Idaho, che abbiamo visto decine di volte, consumando la vhs, e non che ci importasse granché di Gus Van Sant, solo si voleva essere là, al posto di quei depravati di Reeves e Phoenix, liberi e selvaggi a fare marchette per l’America.

Adesso, io anche avevo promesso di parlare del film che è il terzo da regista e cade dopo dieci anni dall’ultimo Ingannevole è il cuore… e pure dovrei andare in rete a cercare le recensioni della critica, ma proprio non me la sento. Lasciamo stare per una volta cosa dice il mondo di Asia Argento, qui il punto è che dopo averci raccontato gli anni Novanta con Scarlet diva (che erano i nostri anni Novanta e Parigi era Parigi e i pantaloni erano argentati e poi si aveva la sigaretta sempre in bocca e anche qualcuno se la spegneva sulle mani), e dopo la parentesi americana di Ingannevole, ora ci racconta l’infanzia negli anni Ottanta, che sia chiaro non sono gli Ottanta da bere eccetera eccetera – che quelli, semmai, se li saranno bevuti i nostri cugini e fratelli maggiori – no, sono quelli delle scuole medie, degli adesivi sul diario, della teoria di braccialetti intorno ai polsi, degli scherzi telefonici, dei bigliettini scambiati in classe, del “Scrivi sotto chi ti piace” o  “Ti vuoi mettere con me?” Ecco, il film andrebbe visto anche solo per questo lavoro di antropologia applicata: ogni cosa Asia faccia fare ai suoi personaggi è esattamente quello che abbiamo fatto noi o avremmo voluto fare o abbiamo subito. E scusate se è poco. Poi la finiamo qui con queste madeleine e questo amarcord generazionale e le relative retoriche che non vogliamo assolutamente alimentare e oltretutto ragionare per circuiti generazionali è ormai il salvagente intellettuale più diffuso tra i quarantenni del ceto medio riflessivo.

Comunque a me dei risvolti psicanalitici di solitudini e genitori/orchi e cattivissimi importa davvero poco e però, come dire, il clima era esattamente quello e non erano affatto anni spensierati, ma gli anni dell’infanzia non sono mai spensierati; come peraltro mi importa niente di verificare il tasso di autobiografismo con cui la nostra flirta e gioca a nascondino, ma su questo ritorneremo. Bravissimi poi gli attori: Giulia Salerno/Aria, per cui da bambino avrei perso di sicuro la testa, una perfida Charlotte Gainsbourg, ma anche Gabriel Garko, comunque lo dicono tutti. Poi anche tutti – ed è inevitabile perché sono le uniche due pellicole italiane presentate a Cannes quest’anno – mettono a confronto Incompresa con Le meraviglie della più piccola delle Rohrwacher, che anche è film molto bello, di interno famigliare, di formazione e intenso e surreale in certi passaggi e anche l’ho molto goduto. Eppure è opera con parecchi più vagli autoriali e non è solo questione di silenzi o ellissi da contrapporre a un’estetica eccessiva a tinte forti, come scriveva l’altro ieri (6.05.14) su Repubblica Paolo D’Agostini.

Si prendano i due esordi, Corpo celeste del 2011 e appunto Scarlet diva (2000): ci sono di mezzo dieci anni, ma qui non è tanto problema di generazioni, Alice Rohrwacher, che è classe 1981, fa cinema perché vuole essere una regista, Asia Argento fa cinema perché è Asia Argento. Da una parte attraverso il Cinema (uso apposta la maiuscola) si persegue una propria statura poetica e linguistica, anche faticosamente (e Corpo celeste le denuncia tutte le pretensioni), dall’altro non c’è niente da raggiungere, c’è da essere, dunque fare cinema. Non so se riesco a spiegarmi, Asia Argento è consustanziale al cinema e basta. E si badi che questo non ha niente a che fare con i risultati raggiunti o che si raggiungeranno e la ricerca paziente della prima vale la gestualità della seconda. Però come non avvertire la distanza tra uno sviluppo sintattico dove ogni elemento è inserito in un continuo organico e il ronzare delle api chiude un dialogo o spiega un rossore e i personaggi si staccano appena dal fondo, come in un bassorilievo, e la paratassi esasperata che tiene insieme i tableau urlanti e fisicissimi della storia della piccola Aria. Qui gli attori esauriscono per sovrascrittura espressiva e figurativa ogni ulteriore senso, ogni distanza autoriale, fino alla successiva scena, alla successiva stazione.

A me, poi, tutta questa teatralità ricorda Sorrentino e la sua galleria di caratteri e freaks, però attenzione non mi si fraintenda, perché Sorrentino è altrettanto autore che la Rohrwacher e sta dietro i suoi personaggi; invece Asia è i suoi personaggi e in questo è coerente e in fondo è sempre lo stesso film da Scarlet diva e lei continua la sua personalissima battaglia con il mondo, fino a piegarlo a sua immagine, a stravolgerlo, a impossessarsi dei luoghi comuni di una generazione, appunto. I superciliosi avranno da storcere il naso, a me sembra impresa eroica e sincera. Per finire, già che abbiamo sproloquiato a sufficienza, questo Incompresa anche mi fa tornare alla memoria Io e te di Bertolucci e ho il sospetto che Lorenzo sarebbe un buon amico per la piccola Aria Bernadotte, ma pure che Aria da grande, se proprio non vogliamo vederci Asia, almeno sarà una meravigliosa e sballatissima Olivia/Tea Falco.

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